Al campo di Estate Liberi di Cupramontana

Sabato 16 al campo antimafia Estate Liberi di Cupramontana. Giorni davvero intensi gli ultimi, tutto sta prendendo a correre molto velocemente, troppo. Domenica scorsa ero alla cattedrale di Fermo per i funerali di Emmanuel e martedì sempre a Fermo, alla manifestazione notturna promossa dai sindacati, con persone e associazioni da tutta la regione; un’altra manifestazione in città c’era già stata il sabato precedente. Martedì mattina avveniva l’incidente ferroviario a Corato, giovedì 14 l’attentato che ha seminato il panico a Nizza e per finire quella specie di golpe turco venerdì notte, che comunque ha stravolto il volto del paese e avrà conseguenze difficili da immaginare. Questo solo negli ultimi otto giorni, lasciando fuori la Brexit e tante altre cose; il mese di luglio si era aperto con la strage di Dacca, che sembra già essere accaduta chissà quanti anni fa, e invece proprio ieri sera, in contemporanea alla nostra iniziativa, c’era qui a Jesi un corteo per i fatti di Dacca, con l’associazione degli immigrati del Bangladesh in testa.

a1In questi giorni avevo alcuni incontri programmati di presentazione del libro e il raccontarli diventa un esercizio impegnativo, per ritrovare il senso delle memorie di ieri nella realtà di oggi. Forse proprio perché il senso di ieri ci appare più chiaro, o almeno è così che crediamo, e quello che ci sfugge è proprio il senso di oggi.

a2Giovedì sera durante la strage di Nizza eravamo a Chiaravalle e non sapevamo ancora nulla. Matteo Belluti introducendo la serata aveva detto di essere stato colpito leggendo il libro dai numerosi riferimenti, in tutti i racconti, alla Costituzione, sempre al centro dell’attenzione dei contadini negli scioperi. È proprio in questi giorni che in Italia si parla di nuovo di Costituzione, seppure in un altro modo. In questo periodo di crisi o di vuoto della rappresentanza tutti stanno a stiracchiare le regole ma in una contrapposizione che ha la forma esattamente opposta a quella della Costituente che la approvò. Mi fa venire in mente la campagna elettorale che ha preceduto il voto britannico sulla Brexit, capita di dividersi anche tra amici e compagni che la si pensa allo stesso modo da sempre su tante cose, e si parla talvolta di Costituzione come di un regolamento del condominio.
a3I luoghi della politica sembrano diventati i non luoghi della politica, parafrasando Marc Augé.
In Turchia le regole le cambiano in altri modi più sbrigativi, tra i militari che in nome della democrazia fanno un golpe e il governo che in nome di un golpe stravolge la democrazia, con la differenza che poi ciò che avviene davvero è molto più complicato e vede in azione molti più attori e molti più scenari. A Nizza era in scena il panico. a4Ricordate il film Duel, il duello tra l’automobilista e il camion misterioso che lo perseguita senza sosta, liberando paure che erano nascoste dentro? Moltiplicatelo per mille, è un’esplosione da dentro quella che è avvenuta. In rete dopo l’uccisione di Emmanuel a Fermo sono nati hashtag io sto con chi l’ha ammazzato. Tra le tante interviste raccolte attorno ai binari della tragedia a Corato – a proposito, che penosa la figura di tutte le televisioni, ad annaspare in questi giorni – mi ha colpito la frase “la galera non basta per i colpevoli”. Certo, c’è dietro un dolore diretto e personale che nessuno può descrivere davvero, ma la frase resta, perché diffonderla così con tanta naturalezza? Quante volte vediamo quella stessa frase prendere corpo e farsi realtà? Qualcosa del genere sta avvenendo anche dentro i mille rivoli del dopo golpe in Turchia. Certo, se il golpe riusciva, non sarebbero stati tarallucci e vino, e poi la situazione si è ribaltata. Quante volte è già avvenuto in tante guerre cosiddette etniche, strumentalmente etniche, o in tanti attacchi xenofobi? Si parte dal piccolo e poi lo si amplifica. La politica, quella che oggi sta diventando un non luogo, ha la responsabilità di disinnescare e non di far detonare.

a5Scusate questo lungo ammassarsi di sensazioni, figlio di questi giorni. Giovedì sera a Chiaravalle si parlava di pionieri e di ricerca di nuove strade, dovrebbe essere questo uno dei tratti che lega le memorie di ieri alle lotte di oggi.
Ieri sera invece eravamo vicino Cupramontana, in un bel luogo, per restare nella metafora di prima. All’Abbazia medievale del Beato Angelo, scelto oramai da diversi anni dal presidio di Libera Jesi per il campo estivo di incontro e di formazione. Già in occasione di alcune edizioni precedenti avevo avuto modo di partecipare, attraverso le collaborazioni frequenti qui in zona tra Libera e l’Arci. Ieri l’invito era in forma diretta e  ci siamo inoltre inseriti proprio in chiusura, alla fine della loro settimana di formazione intensa e molto partecipata, soprattutto da giovani ma non solo, provenienti dalla regione e da diversi luoghi fuori regione. In chiusura, nel senso letterale del termine, nelle ultime ore del pomeriggio di sabato, prima della cena sociale di chiusura e di saluto e arrivederci alle prossime iniziative.

a6Ho proposto in lettura brani estratti dai due racconti siciliani, quello dedicato alle occupazioni delle terre a Bisacquino, maggio 1950, e al Primo Maggio di Portella della Ginestra, del ’47, che offrono lo spunto per spaziare comunque anche su un periodo più ampio della storia di queste lotte in Sicilia, dal movimento dei fasci siciliani nel 1893 fino al movimento contro l’installazione dei missili a Comiso e poi l’assassinio di Pio La Torre nel 1982. Importante in questo contesto il ricordo di Pio La Torre, come è stato poi sottolineato nel dibattito dagli organizzatori del campo di studio; si deve a La Torre infatti la legge approvata qualche mese dopo la sua morte, che introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali. Il testo era stato presentato alla Camera due anni prima da Pio La Torre e alla sua formulazione avevano collaborato anche gli allora giovani magistrati della Procura di Palermo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La nostra presentazione si è svolta nelle stesse modalità già sperimentate in altri incontri, con letture di brani alternati alle canzoni e agli intermezzi musicali dell’amico Silvano Staffolani, ricercando dentro le storie rievocate non solo la cronaca descrittiva ma possibilmente e soprattutto, per quello che possiamo riuscirci, le emozioni e i significati.

(Grazie agli organizzatori del campo Filippo e Francesco di Libera e al promotore dell’incontro Ruggero dell’Arci e grazie a Leo per le foto e a Mirella per la ripresa video)

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