“Il vento del Nord” è il titolo di una nostra canzone dedicata a Placido Rizzotto, perché così fu chiamato quando rientrò in Sicilia dopo la Resistenza (era stato partigiano in Carnia con le Brigate Matteotti) ma in Sicilia ben presto divenne anche il “vento del Sud”, segretario dela Camera del Lavoro di Corleone, a organizzare le lotte dei braccianti. Il 10 marzo 1948 fu ucciso; il capitano dei Carabinieri si chiamava Carlo Alberto dalla Chiesa, e individuò subito il gruppo dei mafiosi che l’avevano ucciso, ma mancava il corpo di Rizzotto, che fu ritrovato soltanto molti anni dopo. A prendere il posto di Rizzotto alla Camera del Lavoro fu mandato un giovane palermitano di 23 anni che si chiamava Pio La Torre, che lo sostituisce degnamente ed esattamente due anni dopo, il 10 marzo del 1950, guida i braccianti a occupare i latifondi dei mafiosi a Bisacquino, vicino Corleone. Pio la Torre quel giorno fu arrestato e restò chiuso all’Ucciardone per 18 mesi.
Quando presentiamo questa canzone nei nostri reading dedicati alle lotte contadine, dobbiamo spiegare tutto questo, perché “Vento del Nord” è un titolo “strano” che si porta dentro purtroppo negli ultimi anni “assonanze politiche” che non c’entrano nulla con la storia di Rizzotto.
In questi ultimi giorni forse è ancora peggio, perché pare che ora dal Nord scendano insieme virus e panico, in combinazioni variabili tra loro e niente affatto chiare (dove la prudenza “solidale” di mantenere una distanza momentanea per non esporre altri prima ancora di se stessi al contagio, rischia d’imprimerci dentro automaticamente una paura permanente del tutti contro tutti), ma nulla è chiaro purtroppo in questo momento (9 marzo 2020), e si sommano sopra anche altre cattive notizie, sia di tipo economico (crolli in borsa paurosi questa mattina, aggravati anche dagli effetti proprio oggi di mancati accordi internazionali sui prezzi del petrolio, come nella crisi energetica del 1973), sia di tipo “sociale”, come le terribili notizie che riguardano i profughi in fuga ai confini greco turchi, respinti e attaccati da tutti. E altre cose ancora, come le rivolte in corso in molte carceri italiane.
“Non si può ingabbiare il vento” dice in apertura la canzone e il vento naturalmente è quello solidale di Placido Rizzotto, e poi la canzone prosegue, specificando “Quando le parole sono un fiume” e soprattutto “Quando la gente è un fiume, dilaga sulle trazzere e i latifondi”. La canzone rende omaggio a tutto questo e aggiungerei anche a qualcosa di più con questa metafora del vento che non si può ingabbiare, e che rappresenta la vicinanza tra le persone al di là dei confini e delle distanze. Questa mescolanza e questo scambio tra le persone sono la nostra forza più grande, il nostro patrimonio.
Per raccontare questo ‘qualcosa in più’ durante i nostri reading inizio di solito con il ricordare che a Staffolo, un paese della nostra regione, le Marche, c’è una lapide dedicata ad alcuni partigiani fucilati durante una rappresaglia nel giugno del 1944, e nella lapide si legge oltre al loro nome anche il loro paese di provenienza, e uno di questi giovani veniva proprio da Bisacquino, e così racconto chi era questo ragazzo e aggiungo che se non fosse stato fucilato magari qualche anno dopo avrebbe potuto incontrare Rizzotto, magari non per occupare le terre insieme ma questo per il semplice motivo che quel ragazzo era un carabiniere, e anzi che proprio per questo magari avrebbe potuto conoscere e lavorare con il giovane capitano dalla Chiesa, proprio per indagare sulla morte di Rizzotto. E così via, tante storie che s’intrecciano e legano in un solo filo, il filo dei dettagli che unisce la Storia: la Carnia, la Resistenza, le lotte dei contadini, la Sicilia, Pio La Torre e le lotte contro la mafia e la sua amicizia fin da quei lontani giorni a Corleone con dalla Chiesa e poi le sue lotte contro i missili nucleari in Sicilia all’inizio degli anni Ottanta, pochi giorni prima della sua uccisione. Tutto questo partendo da una lapide esposta a Staffolo, che ci ricorda la mescolanza di quei giorni – venivano tutti da altri paesi quei 5 giovani fucilati – e bastava già spostarsi di qualche chilometro ancora verso il Monte San Vicino per trovare uno dei battaglioni partigiani più internazionali di tutto l’appennino (c’erano anche partigiani somali ed etiopi, ne parla in un recente libro lo storico Matteo Petracci). E questo è solo un esempio, perché era così ovunque e da questo nasceva la loro forza.
Domani è il 10 marzo, anniversario della morte di Placido Rizzotto, ricordiamo lui e tutti questi significati che ritroviamo seguendo la sua storia, fino ad arrivare a noi in queste giornate difficili, in mezzo alle quali però non dobbiamo perderci né disperderci, dando il giusto siginificato alle cose: “non si può ingabbiare il vento quando la gente è un fiume”.